Il Vino nell'Arte
Vino e Arte?
Scopri la storia del vino nell’arte e le opere d’arte più iconiche e famose del vino nell’arte pittorica. Da Caravaggio e Michelangelo, sino a Monet e Picasso.
Troverai anche esempi di vino nell’arte, dalla scultura alla pittura, dall’arte egizia sino all’arte moderna e contemporanea
Vino nell’Arte Antica
Vino e Arte antica?
Il vino è indubbiamente la bevanda che più ha ispirato artisti e poeti nel corso dei secoli nella produzione di opere artistiche, sia nella pittura che nella scultura.
Le prime testimonianze di vino nell’arte pittorica sono reperibili nelle rappresentazioni bidimensionali (bassorilievo e pittura) dell’arte antica Egizia, che vanta origini antichissime precedenti al IV millennio a.C.
Nell’arte antica egiziana il vino deteneva un importante valore sacrale, curativo e persino di corredo funebre, come testimoniato dai vinaccioli d’uva reperiti nelle tombe egizie.
Il vino in Egitto era onnipresente nelle feste dedicate a Osiride, dio del vino, dei veri e propri banchetti alcolici di cui affreschi e bassorilievi dell’arte egizia ne conservano la memoria.
Inoltre, l’arte egizia fu la prima a raffigurare, nei muri delle tombe, scene di forme di allevamento della vite ma anche la vendemmia e la vinificazione.
Vino nell’Arte Classica
Quali sono le opere d’arte sul vino nell’arte pittorica Classica? Il vino in seguito all’arte Egizia ha trovato grande spazio nell’arte antica dei Fenici, Greci e in seguito degli Etruschi.
La diffusione del vino nell’arte antica in occidente trova la sua prima origine e massima espressione nell’arte vascolare ellenica.
Sono infatti innumerevoli gli esempi di Crateri (kratḕres), ovvero grandi vasi e anfore utilizzati nei Simposi per mescolare e diluire vino e acqua, raffiguranti immagini legate al vino e al suo consumo.
Si deve ai Greci il culto di Dioniso che conferì al vino una connotazione divina, e che ha ispirato l’immagine del vino nell’arte classica.
L’iconografia greca di Dioniso, tramandata dai romani con il nome di Bacco, corrisponde a un giovane indolente e dai tratti androgini.
Il fascino del dio arcaico del vino e dell’ebbrezza ha continuato a ispirare nei secoli artisti e poeti in epoca classica, ellenistica, nell’era moderna e rinascimento.
L’immaginario del vino nell’arte nell’arte pittorica d’ispirazione Greca e Romana fu inoltre recuperata con le correnti del neoclassicismo e dell’accademismo francese.
Dionisio infatti ispirò molti celebri artisti come Michelangelo, Tiziano, Caravaggio, ma anche poeti come Francesco Redi e Lorenzo de’ Medici.
Citato anche da filosofi come Schopenhauer e in particolar modo Friedrich Nietzsche, che nella sua nascita della tragedia contrappose il Dionisiaco all’Apollineo.
Vino nell’Arte Medioevale
La Vendemmia Tacuina Sanitatis
Quali sono le opere d’arte sul vino nel Medioevo?
Con l’arte medioevale e il regno dei Longobardi, l’agricoltura e la viticoltura conobbero un periodo di decadenza e le dominazioni Arabe nel sud dell’Europa (600-1000 d. C.) causarono un’ulteriore ridimensionamento del vino e della sua rappresentazione nell’arte, con la messa al bando della viticoltura in tutti i territori occupati.
Sebbene l’anticlassicismo dell’arte medioevale ricusò il patrimonio dell’iconografia classica legata all’esaltazione dell’ebbrezza conferita dal vino, il monachesimo si fece custode della viticoltura e della sua inedita rappresentazione artistica nei ‘Tacuina sanitatis’.
Il vino infatti entrò a far parte della liturgia dell’eucaristia permettendo il mantenimento della tradizione viticola da parte dei monaci, vi è infatti testimonianza della viticoltura nell’arte delle miniature.
Le miniature realizzate nei monasteri ponevano l’accento non più sull’estasi legata al vino, ma sul lavoro in vigna, la vendemmia e vinificazione.
L’immaginario edonistico ed epicureo del vino fu quindi sostituito dal principio dell‘Ora et labora’ d’ispirazione benedettina.
La viticoltura e il vino nell’arte pittorica ritrovarono la loro centralità con l’età dei comuni con gli sviluppi e innovazioni tecnologie in campo agricolo.
Questo processo di sviluppo e crescita economica favorì un crescente recupero dell’iconografia del vino dell’arte classica, creando le premesse per un nuovo umanesimo del celebre lisergico d’uva.
Vino nell’Arte del Rinascimento
Bacco di Michelangelo
Bacco di Michelangelo
Quali sono le opere d’arte sul vino al tempo del Rinascimento?
Nel Rinascimento il vino e l’arte legata al vino allietavano le corti nobiliari come quella dei Medici, divenendo simboli della raffinatezza e dei privilegi esclusivi del piacere edonistico legato a esso.
I Medici si fecero infatti mecenati e promotori del recupero del culto del vino d’ispirazione classica, come esemplificato dal famoso componimento poetico di Lorenzo il Magnifico “Il trionfo di Bacco e Arianna” ispirato alla filosofia del ‘carpe diem’ di Orazio.
Tra il 1400 e il 1500 vi sono innumerevoli testimonianze di opere dedicate a Bacco, tra cui la famosa statua marmorea di Michelangelo Buonarroti, il Bacco e Arianna di Tiziano e il Bacco di Leonardo da Vinci.
Quintessenza dell’Iconografia tradizionale di Bacco è il famoso Bacco di Caravaggio del 1596-1998, commissionato da Francesco Maria Bourbon e dedicato a Ferdinando I de’ Medici.
Parallelamente alla produzione di opere d’arte sul vino d’ispirazione classica, il vino nell’arte pittorica continuò anche nei monasteri con la realizzazione di miniature raffiguranti la vendemmia e la vinificazione del vino.
Vino nell’Arte Barocca
Bacco di Caravaggio
L’immaginario del vino d’ispirazione classica continua a evolversi nell’arte acquisendo un’introspezione psicologia sempre più complessa.
Si possono menzionare, oltre al Bacco di Caravaggio, il ‘Baccanale: fauno molestato da cupidi’ di Gian Lorenzo Bernini, i Satiri di Pieter Paul Rubens e il ‘Trionfo di Bacco’ di Diego Velàzquez.
Di grande interesse anche lavori che si discostano dal classicismo come il ‘Bicchiere di vino‘ di Jan Vermeer
A partire dal 1500 e dal 1600 il vino trova molto spazio nell’arte nella pittura di genere fiamminga e italiana: opere d’arte raffiguranti banchetti e momenti quotidiani del consumo del vino.
Nell’arte in epoca barocca il vino e l’uva sono soggetti ricorrenti in molte raffigurazioni di Nature Morte di tanti artisti in Italia, delle Fiandre, ma anche in Spagna e in Francia.
Virtuosi esempi in Italia possono essere rappresentati dalle opere d’arte di Michelangelo Merisi nel 1600 e Bartolomeo Bimbi nel 1700. Trionfo di Bacco di Bouguereau
Il vino, la vita bucolica, le nature morte e l’iconografia di Dioniso imperversano anche in molta dell’arte d’ispirazione neoclassica e nell’accademismo fino alla fine del 1900.
Tra questi si possono trovare esempi virtuosi della presenza del vino nell’arte con le opere William-Adolphe Bouguereau e Thomas Couture.
Vino nell’Arte Moderna e Contemporanea
Bottiglia di vino di Joan Miró
In seguito a partire dal 1900 la presenza del vino nell’arte figurativa ha intrapreso percorsi molto eterogenei e non (accumunabili), affrancandosi dalla prassi d‘iconografie classiche e stereotipate.
Molti artisti si sono cimentati a raffigurare con proprio stile bottiglie di vino: si possono citare per esempio quelle di Claude Monet nell’impressionismo,di Joan Miró nel Surrealismo, di Picasso nel Cubismo e di De’ Chirico e Giogio Morandi nella Metafisica.
Il vino nell’arte acquisisce quindi una propria dignità legata in primis alla sensibilità artistica dell’autore, alla sua personale interpretazione e legame intimo con esso.
Eduard Manet,
Il bar delle Folies Bergère (1881)
Londram Courtauld Gallery
TUTTE LE DOC E LE DOCG DEL VINO ITALIANO (Dicembre 2021)
La Denominazione di Origine Controllata e Garantita (DOCG) è un marchio di tutela che garantisce il consumatore sul rispetto dei requisiti previsti dal disciplinare di produzione.
I vini DOCG hanno delle regole di produzione molto rigide e controllate, si tratta quindi di prodotti di buona qualità e di attinenza al dettato del disciplinare.
Sono 78 i vini italiani tutelati con la DOCG ( denominazione di origine controllata e garantita ) , mentre sono 341 i vini tutelati con la Doc ( denominazione di origine controllata ), questa è la piramide qualitativa o meglio legislativa
La denominazione di origine controllata e garantita, nota con la sigla DOCG, è un marchio italiano che indica al consumatore l'origine geografica di un vino.
Il nome della DOCG è indicato obbligatoriamente in etichetta e consiste, o semplicemente nel nome geografico di una zona viticola (ad esempio Barolo, comune in provincia di Cuneo o Carmignano, comune in Provincia di Prato), o nella combinazione del nome storico di un prodotto e della relativa zona di produzione (ad esempio Vino Nobile di Montepulciano, il nome con cui è noto storicamente il vino prodotto a Montepulciano, in provincia di Siena).
Requisiti di un vino DOCG
La categoria dei vini DOCG comprende i vini prodotti in determinate zone geografiche nel rispetto di uno specifico disciplinare di produzione.
La procedura per il riconoscimento delle denominazioni è profondamente cambiata dal 2010 in seguito all'attuazione della nuova normativa europea (Reg. Ce 479/2008, "Nuova OCM Vino", recepito in Italia con il Decreto Legislativo 61 dell'8 aprile 2010 in vigore dall'11 maggio 2010).
Tra le altre cose, la nuova legge ha portato in sede comunitaria la prerogativa di approvazione delle denominazioni, mentre precedentemente si procedeva tramite Decreto Ministeriale. Da allora la classificazione DOCG, così come la DOC, è stata ricompresa nella categoria comunitaria DOP.
Le DOCG sono riservate ai vini già riconosciuti a denominazione di origine controllata (DOC) da almeno dieci anni che siano ritenuti di particolare pregio, in relazione alle caratteristiche qualitative intrinseche, rispetto alla media di quelle degli analoghi vini così classificati, per effetto dell'incidenza di tradizionali fattori naturali, umani e storici e che abbiano acquisito rinomanza e valorizzazione commerciale a livello nazionale e internazionale.
Tali vini, prima di essere messi in commercio, devono essere sottoposti in fase di produzione ad una preliminare analisi chimico-fisica e ad un esame organolettico che certifichi il rispetto dei requisiti previsti dal disciplinare; l'esame organolettico inoltre deve essere ripetuto, partita per partita, anche nella fase dell'imbottigliamento.
Per i vini DOCG è infine prevista anche un'analisi sensoriale (assaggio) eseguita da un'apposita commissione; il mancato rispetto dei requisiti ne impedisce la messa in commercio con il marchio DOCG.
Inoltre, la legislazione prevede che le DOCG abbiano facoltativamente (sulla scorta di quello che succede da secoli in Francia con la classificazione legale, di tipo gerarchico-qualitativa, dei cru) un'ulteriore segmentazione in alto in sottozone (comuni o parti di esso) o microzone (vigneti o poco più) ovvero la menzione geografica aggiuntiva.
In Italia, vi sono alcune DOCG (ad esempio il Barolo) che prevedono questa segmentazione che va considerata come classificazione a sé, ovvero la punta della piramide qualitativa.
ELENCO DOC E DOCG AGGIORNATO A FINE DICEMBRE 2021
ABRUZZO
Colline Teramane Montepulciano d’Abruzzo DOCG
Tollum o Terre Tollesi DOCG
Abruzzo DOC
Cerasuolo d’Abruzzo DOC
Controguerra DOC
Montepulciano d’Abruzzo DOC
Ortona DOC
Trebbiano d’Abruzzo DOC
Villamagna DOC
ALTO ADIGE
In Alto Adige non sono presenti vini DOCG.
Alto Adige o dell’Alto Adige DOC
Alto Adige Colli di Bolzano
Alto Adige Meranese di Collina
Alto Adige Santa Maddalena
Alto Adige Terlano
Alto Adige Valle Isarco
Alto Adige Valle Venosta
Lago di Caldaro o Caldaro
Valdadige
BASILICATA
Aglianico del Vulture Superiore DOCG
Aglianico del Vulture DOC
Grottino di Roccanova DOC
Matera DOC
Terre dell’Alta Val d’Agri DOC
CALABRIA
In Calabria non sono presenti vini DOCG.
Bivongi DOC
Cirò DOC
Greco di Bianco DOC
Lamezia DOC
Melissa DOC
Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto DOC
Savuto DOC
Scavigna DOC
Terre di Cosenza DOC
CAMPANIA
Aglianico del Taburno DOCG
Fiano di Avellino DOCG
Greco di Tufo DOCG
Taurasi DOCG
Aversa Aprinio DOC
Campi Flegrei DOC
Capri DOC
Casavecchia di Pontelatone DOC
Castel San Lorenzo DOC
Cilento DOC
Costa d’Amalfi DOC
Falanghina del Sannio DOC
Falerno del Massico DOC
Galluccio DOC
Irpinia DOC
Ischia DOC
Penisola Sorrentina DOC
Sannio DOC
Vesuvio DOC
EMILIA ROMAGNA
Colli Bolognesi Pignoletto DOCG
Romagna Albana DOCG
Bosco Eliceo DOC
Colli Bolognesi DOC
Colli di Faenza DOC
Colli d’Imola DOC
Colli di Parma DOC
Colli di Rimini DOC
Colli di Scandiano e di Canossa DOC
Colli Piacentini DOC
Colli Romagna Centrale DOC
Gutturnio DOC
Lambrusco di Sorbara DOC
Lambrusco Grasparossa di Castelvetro DOC
Lambrusco Salamino di Santa Croce DOC
Modena o di Modena DOC
Ortrugo dei Colli Piacentini o Ortrugo-Colli Piacentini DOC
Pignoletto DOC
Reggiano DOC
Reno DOC
Romagna DOC
FRIULI VENEZIA GIULIA
Colli Orientali del Friuli Picolit DOCG
Lison DOCG
Ramandolo DOCG
Rosazzo DOCG
Prosecco DOC
Carso DOC
Collio Goriziano DOC
Delle Venezie DOC
Friuli o Friuli Venezia Giulia DOC
Friuli Annia DOC
Friuli Aquileia DOC
Friuli Colli Orientali DOC
Friuli Grave DOC
Friuli Isonzo DOC
Friuli Latisana DOC
Lison Pramaggiore DOC
LAZIO
Cannellino di Frascati DOCG
Cesanese del Piglio o Piglio DOCG
Frascati Superiore DOCG
Aleatico di Gradoli DOC
Aprilia DOC
Atina DOC
Bianco Capena DOC
Castelli Romani DOC
Cerveteri DOC
Cesanese di Affile o AffileDOC
Cesanese di Olevano Romano o Olevano Romano DOC
Circeo DOC
Colli Albani DOC
Colli della Sabina DOC
Colli Etruschi Viterbesi o Tuscia DOC
Colli Lanuvini DOC
Cori DOC
Est!Est!!Est!!! di Montefiascone DOC
Frascati DOC
Genazzano DOC
Marino DOC
Montecompatri Colonna o Montecompatri o Colonna DOC
Moscato di Terracina DOC
Nettuno DOC
Roma DOC
Tarquinia DOC
Velletri DOC
Vignanello DOC
Zagarolo DOC
LIGURIA
In Liguria non sono presenti vini DOCG.
Cinque Terre DOC
Cinque Terre Sciacchetrà DOC
Colli di Luni DOC
Colline di Levanto DOC
Golfo del Tigullio-Portofino o Portofino DOC
Pornassio o Ormeasco di Pornassio DOC
Riviera ligure di Ponente DOC
Rossese di Dolceacqua o Dolceacqua DOC
Val Polcèvera DOC
LOMBARDIA
Franciacorta DOCG
Oltrepò Pavese Metodo Classico DOCG
Moscato di Scanzo DOCG
Sforzato della Valtellina o Sfurzat di Valtellina DOCG
Valtellina Superiore DOCG
Bonarda dell’Oltrepò Pavese DOC
Botticino DOC
Buttafuoco dell’Oltrepò Pavese o Buttafuoco DOC
Capriano del Colle DOC
Casteggio DOC
Cellatica DOC
Curtefranca DOC
Garda DOC
Garda Colli Mantovani DOC
Lambrusco Mantovano DOC
Lugana DOC
Oltrepò Pavese DOC
Oltrepò Pavese Pinot grigio DOC
Pinot nero dell’Oltrepò Pavese DOC
Riviera del Garda Classico DOC
Rosso di Valtellina o Valtellina Rosso DOC
San Colombano al Lambro o San Colombano DOC
Sangue di Giuda dell’Oltrepò Pavese o Sangue di Giuda DOC
San Martino della Battaglia DOC
Terre del Colleoni o Colleoni DOC
Valcalepio DOC
MARCHE
Castelli di Jesi Verdicchio Riserva DOCG
Conero DOCG
Offida DOCG
Verdicchio di Matelica Riserva DOCG
Vernaccia di Serrapetrona DOCG
Bianchello del Metauro DOC
Colli Maceratesi DOC
Colli Pesaresi DOC
Esino DOC
Falerio DOC
I Terreni di Sanseverino DOC
Lacrima di Morro o Lacrima di Morro d’Alba DOC
Pergola DOC
Rosso Conero DOC
Rosso Piceno o Piceno DOC
San Ginesio DOC
Serrapetrona DOC
Terre di Offida DOC
Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC
Verdicchio di Matelica DOC
MOLISE
In Molise non sono presenti vini DOCG.
Biferno DOC
Molise o del Molise DOC
Pentro d’Isernia o Pentro DOC
Tintilia del Molise DOC
PIEMONTE
Alta Langa
Asti Spumante
Barbaresco
Barbera d’Asti
Barbera del Monferrato Superiore
Barolo
Brachetto d’Acqui
Moscato di Canelli
Dogliani
Dolcetto di Diano d’Alba
Dolcetto di Ovada Superiore
Erbaluce di Caluso
Gattinara
Gavi o Cortese di Gavi
Ghemme
Nizza
Roero
Ruchè di Castagnole Monferrato
Terre Alfieri
Piemonte
Alba
Albugnano
Barbera d’Alba
Barbera del Monferrato
Boca
Bramaterra
Calosso
Canavese
Carema
Cisterna d’Asti
Colli Tortonesi
Collina Torinese
Colline Novaresi
Colline Saluzzesi
Cortese dell’Alto Monferrato
Coste della Sesia
Dolcetto d’Acqui
Dolcetto d’Alba
Dolcetto d’Asti
Dolcetto di Ovada
Fara
Freisa d’Asti
Freisa di Chieri
Gabiano
Grignolino d’Asti
Grignolino del Monferrato Casalese
Langhe
Lessona
Loazzolo
Malvasia di Casorzo d’Asti
Malvasia di Castelnuovo Don Bosco
Monferrato
Nebbiolo d’Alba
Pinerolese
Rubino di Cantavenna
Sizzano
Strevi
Valli Ossolane
Valsusa
Verduno Pelaverga o Verduno
PUGLIA
Castel del Monte Bombino Nero DOCG
Castel del Monte Nero di Troia RiservaDOCG
Castel del Monte Rosso Riserva DOCG
Primitivo di Manduria Dolce NaturaleDOCG
Aleatico di Puglia DOC
Alezio DOC
Barletta DOC
Brindisi DOC
Cacc’e mmitte di Lucera DOC
Castel del Monte DOC
Colline Joiniche Tarantine DOC
Galatina DOC
Gioia del Colle DOC
Gravina DOC
Lizzano DOC
Martina o Martina Franca DOC
Matino DOC
Moscato di Trani DOC
Nardò DOC
Negroamaro di Terra d’Otranto DOC
Orta Nova DOC
Ostuni DOC
Primitivo di Manduria DOC
Rosso di Cerignola DOC
Salice Salentino DOC
San Severo DOC
Squinzano DOC
Tavoliere delle Puglie o Tavoliere DOC
Negroamaro di Terra d’Otranto DOC
Orta Nova DOC
Terra d’Otranto DOC
SARDEGNA
Vermentino di Gallura DOCG
Cannonau di Sardegna DOC
Monica di Sardegna DOC
Moscato di Sardegna DOC
Sardegna Semidano DOC
Vermentino di Sardegna DOC
Alghero DOC
Arborea DOC
Cagliari DOC
Campidano di Terralba DOC
Carignano del Sulcis DOC
Girò di Cagliari DOC
Malvasia di Bosa DOC
Mandrolisai DOC
Moscato di Sorso-Sennori
Nasco di Cagliari DOC
Girò di Cagliari DOC
Nuragus di Cagliari DOC
Vernaccia di Oristano DOC
SICILIA
Cerasuolo di Vittoria DOCG
Sicilia DOC
Alcamo DOC
Contea di Sclafani DOC
Contessa Entellina DOC
Delia Nivolelli DOC
Eloro DOC
Erice DOC
Etna DOC
Faro DOC
Malvasia delle Lipari DOC
Mamertino di Milazzo DOC
Marsala DOC
Menfi DOC
Monreale DOC
Noto DOC
Pantelleria DOC
Riesi DOC
Salaparuta DOC
Sambuca di Sicilia DOC
Santa Margherita di Belice DOC
Sciacca DOC
Siracusa DOC
Vittoria DOC
TOSCANA
Brunello di Montalcino DOCG
Carmignano DOCG
Chianti DOCG
Chianti Classico DOCG
Elba Aleatico Passito DOCG
Montecucco Sangiovese DOCG
Morellino di Scansano DOCG
Suvereto DOCG
Val di Cornia Rosso DOCG
Vernaccia di San Gimignano DOCG
Vino Nobile di Montepulciano DOCG
Ansonica Costa Argentario DOC
Barco Reale di Carmignano DOC
Bianco dell’Empolese DOC
Bianco di Pitigliano DOC
Bolgheri DOC
Bolgheri Sassicaia DOC
Candia dei Colli Apuani DOC
Capalbio DOC
Colli dell’Etruria Centrale DOC
Colli di Luni DOC
Colline Lucchesi DOC
Cortona DOC
Elba DOC
Grance Senesi DOC
Maremma Toscana DOC
Montecarlo DOC
Montecucco DOC
Monteregio di Massa Marittima DOC
Montescudaio DOC
Moscadello di Montalcino DOC
Orcia DOC
Parrina DOC
Pomino DOC
Rosso di Montalcino DOC
Rosso di Montepulciano DOC
San Gimignano DOC
Sant’Antimo DOC
San Torpè DOC
Sovana DOC
Terratico di Bibbona DOC
Terre di Casole DOC
Terre di Pisa DOC
Val d’Arbia DOC
Val di Cornia DOC
Valdichiana Toscana DOC
Valdinievole DOC
Vin Santo del Chianti DOC
Vin Santo del Chianti Classico DOC
Vin Santo di Carmignano DOC
TRENTINO
In Trentino non sono presenti vini DOCG.
Casteller DOC
Delle Venezie DOC
Lago di Caldaro DOC
Teroldego Rotaliano DOC
Trentino DOC
Trento DOC
Valdadige DOC
Valdadige Terradeiforti DOC
UMBRIA
Montefalco Sagrantino DOCG
Torgiano Rosso Riserva DOCG
Amelia DOC
Assisi DOC
Colli Altotiberini DOC
Colli del Trasimeno o Trasimeno DOC
Colli Martani DOC
Colli Perugini DOC
Lago di Corbara DOC
Montefalco DOC
Orvieto DOC
Rosso Orvietano o Orvietano Rosso DOC
Spoleto DOC
Todi DOC
Torgiano DOC
VALLE D’AOSTA
In Valle d’Aosta non sono presenti vini DOCG.
Valle d’Aosta (o Vallée d’Aoste) DOC
Arnad-Montjovet
Blanc de Morgex et de La Salle
Chambave
Donnas
Enfer d’Arvier
Nus
Torrette
VENETO
Amarone della Valpolicella DOCG
Asolo Prosecco DOCG
Bagnoli Friularo o Friularo di Bagnoli DOCG
Bardolino Superiore DOCG
Colli di Conegliano DOCG
Colli Euganei Fior d’Arancio DOCG
Conegliano Valdobbiadene Prosecco DOCG
Lison DOCG
Montello Rosso DOCG
Piave Malanotte o Malanotte del Piave DOCG
Recioto della Valpolicella DOCG
Recioto di Gambellara DOCG
Recioto di Soave DOCG
Soave Superiore DOCG
Arcole DOC
Bagnoli di Sopra o Bagnoli DOC
Bardolino DOC
Breganze DOC
Colli Berici DOC
Colli Euganei DOC
Corti Benedettine del Padovano DOC
Custoza DOC
Delle Venezie DOC
Gambellara DOC
Garda DOC
Lessini Durello o Durello Lessini DOC
Lison Pramaggiore DOC
Lugana DOC
Merlara DOC
Monti Lessini DOC
Montello e Colli Asolani DOC
Piave DOC
Prosecco DOC
Riviera del Brenta DOC
San Martino della Battaglia DOC
Soave DOC
Valdadige DOC
Valdadige Terradeiforti DOC
Valpolicella DOC
Valpolicella Ripasso DOC
Venezia DOC
Vicenza DOC
Vigneti della Serenissima o Serenissima DOC
L'origine del Sauvignon, il Conte e la sua amata
La storia del vino friulano, nato grazie alla storia d'amore del Conte de La Tour
Donne: immaginatevi di esservi appena sposate. È il 15 febbraio del 1868, siete a Capriva, a Russiz, vostro marito si chiama Conte Theodor Karl Leopold Anton de La Tour en Voivrè, che i contadini del luogo continueranno a chiamare “cjosul”.
La vostra dote è la terra, su quella collina che sembra una fotomodella, che da qualsiasi parte tu la giri questa ti fa innamorare.
Immaginate che vostro marito, il Conte de La Tour, si accorga che quella terra era fatta per il vino, checchè ne dicessero i contadini che continuavano a chiamarlo “cjosul”.
Immaginate poi che nei suoi viaggi in Francia, perché è da li che viene vostro marito mentre voi siete tedesche, vi porti sempre dei mazzi di fiori splendidi, voluminosi, che al loro interno nascondono barbatelle di Sauvignon, Pinot Grigio, Merlot, Cabernet e tutte quelle varietà internazionali che conosciamo. (…)
Quella di Villa Russiz è una delle più belle storie d’amore che si possono raccontare.
Il Conte de La Tour ha fatto conoscere al Friuli le varietà internazionali di vino, di adottarle e farle parlare friulano, andando poi nel mondo a raccontarsi. Lo ha fatto di nascosto, infilando le barbatelle negli stivali, nei fiori di Elvine, sua moglie.
La prossima volta che ordinate un Sauvignon e sentite il suo profumo ricordatevi del sorriso di Elvine Ritter ner ricevere i fiori del Conte de La Tour, perché il Sauvignon ha il sapore di uno di quegli amori antichi che vincono il tempo in cui crescono e diventano amori di tutti, storie memorabili da raccontare.
Ogni vino ha la propria storia da raccontare e questa è “LA” storia di come il Friulia abbia avuto la fortuna di ospitare tale amore.
Tratto da Storie di Vino e di Friuli Venezia Giulia, di Matteo Bellotto- Edizioni Biblioteca dell’Immagine
Il Roero - Il vitigno Arneis
Nella zona del Roero, oltre al Nebbiolo che dà vita ai vini rossi della denominazione, c’è anche un’importante vitigno bianco che ha travato in questi luoghi l’habitat ideale tanto da essere strettamente legato a questi luoghi.
Si tratta dell’Arneis , un’uva bianca di grande versatilità con la quale vengono prodotti grandi bianchi del territorio piemontese, che prevedono 3 diverse tipologie: il Roero Arneis, la Riserva e lo Spumante.
Insieme a Federico Almondo, produttore di Montà d’Alba e componente del direttivo del Consorzio del Roero, ricostruiamo la storia e le origini di questo vitigno, ma soprattutto ne tracciamo le più importanti peculiarità e le principali accortezze che richiede nella sua produzione in vigna.
E voi conoscete già le caratteristiche dell’Arneis?
Fonte Vino TV
Il 1968 fu la prima annata messa in commercio dell'etichetta ideata dal marchese Mario Incisa della Rocchetta.
Ecco la storia della sua nascita e una degustazione storica, per celebrarlo, condotta da Daniele Cernilli
I 50 anni del Sassicaia.
Aveva sogni e passioni il giovane marchese Mario Incisa della Rocchetta quando, tornando dalla Grande Guerra dove aveva prestato servizio in cavalleria, decise di iscriversi alla facoltà di Agraria di Pisa; qui tra i libri e i banchi si formò le conoscenze che gli sarebbero servite per gestire le terre di famiglia.
Nelle sue vene il sangue nobile di origine piemontese, di madre romana discendente della famiglia Chigi, è mescolato al vino per tradizione familiare paterna. Intesse gli studi universitari con gli appunti del nonno paterno, Leopoldo, che già nel 1862, dopo aver approfondito la viticoltura, aveva pubblicato il testo di ampelografia “Descrizione dal vero di 105 varietà di uve, parte indigene e parte di origine straniere”, nonché collezionista nel suo castello a Rocchetta Tanaro di 175 varietà di viti in vaso.
Mosso dalla passione per la natura e il diletto di cavalcare, soleva indugiare in lunghe passeggiate in sella nella tenuta di San Rossore, dove ebbe luogo di consolidare rapporti di amicizia con i conti della Gherardesca e i duchi Salviati.
Serbava nel cassetto il sogno di un vino toscano che ricordasse le bottiglie di Bordeaux, un vino che nascesse nelle sue terre di lavoro e portasse con sé l’immaginario dell’aristocrazione di quei tempi: un bordolese di Maremma, quello che Daniele Cernilli, nel corso della degustazione guidata con la quale sono stati festeggiati i primi 50 anni del Sassicaia, ha raccontato come “vino nato da un progetto e non da una tradizione”.
Nella piccola chiesa di Bolgheri, Mario Incisa della Rocchetta convolò a nozze nel 1930 con l’erede di una delle famiglie patrizie maremmane, discedente di Ugolino citato da Dante nella Divina Commedia, Clarice della Gherardesca.
La novella sposa porta in dote la tenuta di San Guido, mirabilmente descritta in versi da Carducci con “I cipressi che da Bolgheri alti e schietti / Van da San Guido in duplice filar…”. Gli sposi si trasferiscono, dopo le nozze, nella tenuta Chigi all’Olgiata, proprietà materna dello sposo dove fonda un’azienda agricola modello per quegli anni e con Federico Tesio, famigerato allevatore di purosangue conosciuto nelle cavalcate toscane, fonda l’allevamento di cavalli purosangue da corsa da cui uscì, solo per citarne uno, Ribot, imbattuto campione di galoppo.
La passione per i cavalli e i successi che arrivavano dalle corse non affievolirono il sogno del Marchese, quel vino che sognava; così, grazie alle prime marze cedute dai duchi Salviati, impianta nei terreni che dalla rocca di Castiglioncello degradano in dolci colline verso il mare, in un panorama di macchia mediterranea incontaminata, il primo vigneto di cabernet.
Non solo uvaggio ma anche metodologia francese: in vigna drastiche potature per una bassa resa e in cantina affinamento in barriques, allora in una cantina improvvisata nel deposito dei bulbi. Lontano ed estraneo dal modello locale di vino, laddove l’abitudine era di berlo già a fine inverno successivo, la lungimiranza e tenacia del Marchese gli fece intuire che lo scorrere del tempo ne miglioravano le qualità.
Come sottolinea Piermario Meletti “il cabernet deriverebbe dalle marze dei Salviati, rappresentava il vitigno della nobiltà, l’uva di chi poteva permettersi il lusso del tempo da aspettare finché fosse pronto; non come chi il vino lo produceva e doveva venderlo per il sostentamento della famiglia.”
Priscilla Incisa della Rocchetta nella vigna del Sassicaia
A dieci anni dai primi impianti, il Marchese decise di espandere il vigneto in una zona dove già il conte Guido Alberto della Gherardesca aveva impiantato viti, su un terreno sassoso, una sassicaia da cui poi il vino prese il nome, simile al suolo di Graves di Bordeaux; vigneti che Mario conosceva bene grazie all’amicizia con il Barone Rotschild, cui chiese anche consiglio e valutazione del suo vino maremmano con spirito bordolese. “Ammirevole ma selvatico, scontroso” sarebbero state le sue parole. In questi anni venne affiancato il cantina dal marchese Carlo Guerrieri Gonzaga, fresco di studi nel Lycée Agricole di Losanna che suggerì la fermentazione in tini di legno.
Anni in cui entrò in funzione la pressa Wilmess con polmone in caucciù, per una pigiatura delicata invece del torchio, ed entrarono nella cantina le prime barrique costruite ad hoc. Fino al 1972 il vino prodotto era destinato al consumo esclusivo per la famiglia e gli ospiti della tenuta, nessuna annata viene posta in commercio prima di allora. Ma pochi anni prima, grazie al legame di parentela con la famiglia Antinori, il Marchese Incisa accettò la proposta di farsi aiutare dal loro enologo Giacomo Tachis, anche in virtù degli accordi commerciali che avevano stretto per la commercializzazione del Sassicaia. Fu così che nel 1972 vide la luce la prima etichetta di Sassicaia, vino della vendemmia del 1968, con l’iconica rosa dei venti dorata su campo blu.
“Per questa annata Tachis fece un taglio di diverse annate, a partire dal 65 per finire nel 69, poi chiamato 1968 in etichetta” racconta Daniele Cernilli, durante la degustazione del cinquantennale. Dopo due annate non imbottigliate, 69 e 73, nel 1974 Mario Incisa chiese a Veronelli un parere sul suo vino, che dedicò l’intera rubrica sul numero di Panorama del 14 novembre 1974 al Sassicaia 1968, raccontando entusiasta il vino: “Ben vestito e brillante, bouquet fitto e contegnoso in sé, di non comune scontrosa eleganza…nerbo consistente nella stoffa ben strutturata”.
La consacrazione internazionale arrivò a Londra, durante una degustazione di campioni anonimi organizzata da Hugh Johnson: il Sassicaia 1972, di un’annata piovosa, sbaraglia tra i migliori Cabernet Sauvignon del mondo, campioni tra cui comparivano anche i migliori Château bordolesi. “Alla metà degli anni ’70, il Sassicaia di Bolgheri era diventato un mito dell'enologia italiana e aveva innescato la miccia che avrebbe fatto scatenare una pacifica rivoluzione enologica, prima fra le vigne toscane, poi in tutto il resto d’Italia”, riporta Cernilli nella presentazione della sua degustazione verticale.
In cantina e in vigna Tachis venne affiancato dal figlio di Mario, Nicolò, insieme al quale stabilì il protocollo di produzione: ridussero il cabernet franc al 15% e contennero le rese, eliminarono tutti i vigneti estranei e stabilirono i tempi di affinamento. Il sogno di un vino di razza, un purosangue come i suoi cavalli, era compiuto; visto il successo sul mercato, con decreto ministeriale del 5 novembre 1994 nacque la prima DOC riservata interamente a una sola azienda vinicola, i cui confini risiedono interamente nella tenuta, la “Bolgheri Sassicaia”.
Mario Incisa della Rocchetta sognatore di un vino, appassionato di cavalli e amante della natura, primo presidente del WWF e ideatore della prima oasi naturalistica in Italia lasciò le sue passioni terrene il 4 settembre 1983. Il modo migliore per ricordarlo sono forse le parole di Nicolò Antinori “Aver inventato il Sassicaia giustifica una vita, dà ragione di tutto”.
Note di degustazione di Daniele Cernilli, con cenni di Piermario Meletti, raccolte durante la verticale celebrativa per il cinquantennale della messa in commercio del Bolgheri Sassicaia, tenutasi a Lucca il 5 maggio, nel corso della manifestazione Anteprima Vini della Costa Toscana, XVII edizione, voluta da Grandi Cru della Tosca e organizzata da EST, EventServiceTuscany.
Sassicaia 1979: annata calda di maturazione precoce, concentrazione del colore un po’ precipitata di colore mattonato; profumi di frutta presenti insieme alle note terziarie di mallo si noce e frutta sotto spirito; si avverte una lieve scissione acida e una discreta persistenza, non sembra avere possibilità di ulteriore evoluzione in bottiglia.
Sassicaia 1982: annata calda ma non come la ’79, mantiene al bicchiere un colore più integro; al naso lievemente chiuso - che si schiuderà nel corso della degustazione ampliandosi - per un vino dove il frutto è celato da una nota di austerità con accennata tendenza ossidativa. Al naso emergono sentori di tamarindo e tartufo, in bocca è ampio e avvolgente con una punta di liquirizia, di buona persistenza.
Bolgheri
Sassicaia 1997: annata molto discussa, un allora giovane Parker lo valutò con un punteggio di 85, probabilmente non comprendendolo a pieno; forse la prima annata di caldo tropicale. Colpisce uno straordinario equilibrio e convivenza fra tannini e acidità: come in un’orchestra non prevale alcuna nota, ma fa risuonare ogni aspetto in una sinfonia armonica. Qui il legno è come il pizzico di sale in un piatto, esalta senza coprire.
Bolgheri Sassicaia 2009: non una grande annata in Toscana, ma di rilievo a Bolgheri a dimostrazione di essere una zona avulsa e diversamente votata. Nota mentolata che si sposa con profumo di arancia rossa al naso, insieme a note speziate di china e ribes nero. Sapore teso ma equilibrato, la versione che non ci si aspetta da un’annata inizialmente sottovalutata, che mostra una grana tannica fitta ma dolce.
Bolgheri Sassicaia 2012: annata equilibrata ricca di note fruttate allietate da una leggera presenza di legno al naso; il tannino suona un po’ come indice di giovinezza, scalpitante come Ribot al galoppo. Tannini giovani ma non asciuganti, in rapporto dinamico con l’acidità che rincorre il frutto. Bisognerà aspettare un po’ che si compia la polimerizzazione, non facile in bottiglia ma il tempo sarà galantuomo con questo vino.
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Marchesi di Barolo è una delle cantine storiche della Langhe che maggiormente ha contribuito a creare il mito di questo grande vino: il Barolo. È grazie infatti alla tenacia e all'intraprendenza di Juliette Colbert de Maulévrier, ultima Marchesa di Barolo e alla sua grande intuizione di creare un vino con le tecniche di vinificazione proprie della tradizione francese che il vino Barolo è divenuto il testimone d'eccezione di questo territorio, "il re dei vini e il vino dei re" come ebbe a dire la stessa Marchesa.
Nel 1929 la Famiglia Abbona, con una lunghissima tradizione in campo vitivinicolo, ha rilevato l'Azienda e intrecciato la propria storia a quella dei Marchesi Falletti di Barolo e ancora oggi la sesta generazione Abbona guida la Cantina Marchesi di Barolo con passione e competenza, fedeli al progetto originario che ne fa gli eredi morali di una lunga tradizione.
Attualmente l'Azienda controlla circa 200 ettari di vigneto e vinifica i principali vitigni autoctoni delle Langhe, del Roero e del Monferrato, compresi alcuni dei Crus storici più prestigiosi.
"La nostra selezione di Marchesi di Barolo"
PERCHÉ VISITARE LA CANTINA MARCHESI DI BAROLO NELLE LANGHE (Intervista di Paola Bertoletti)
Il mio sguardo vaga tra splendidi castelli e valli punteggiate da borghi, cascine ed enoteche, in un paesaggio viticolo tra i più belli d’Italia e tutelato dall’Unesco come Patrimonio dell’Umanità dal 2014.
Il mio viaggio, svolto all’inizio dell’autunno, mi ha regalato una bellezza senza eguali, caratterizzata da luci e colori che mi hanno permesso di scoprire i tesori di questa terra, di assaggiarne le delizie gastronomiche e apprezzarne al meglio la cultura del vino.
Barolo, La Morra, Serralunga, Grinzane Cavour sono il cuore di questa zona che ha conquistato il primato mondiale, non solo con i suoi prestigiosi vini, ma anche con il suo modo di fare una “buona cultura”. Infatti, tre di questi paesi sono insigniti della bandiera arancione del Touring Club Italiano: il riconoscimento che premia i borghi più accoglienti dell’entroterra italiano.
MARCHESI DI BAROLO
In compagnia di Ernesto Abbona – Marchesi di Barolo
Oggi sono ospite di Ernesto Abbona, proprietario della cantina Marchesi di Barolo.
All’arrivo mi attende una accoglienza davvero unica: un’intera mattina tra vigne e botti di rovere accompagnata dal racconto di come gentilezza e accoglienza siano, da sempre, le basi delle famiglie che hanno amministrato la cantina in questi decenni e, in qualche modo, di Barolo stesso.
PERCHÈ QUESTA CANTINA È COSÌ IMPORTANTE PER BAROLO?
Il racconto di Ernesto Abbona inizia da lontano, dal 1807 quando, Juliette Colbert di Maulévrier, nobildonna francese, sposò il celeberrimo Marchese di Barolo: Carlo Tancredi Falletti.
Il loro matrimonio non portò eredi e così la marchesa dedicò la propria vita al servizio delle persone in difficoltà, fondando congregazioni per la tutela delle donne, degli orfani e dei disagiati.
Ma non solo! Juliette Colbert ebbe così tante intuizioni nella sua vita che spinse allo sviluppo di questa terra in campo enologico fondando una propria cantina viticola: Marchesi di Barolo.
Alla morte degli stessi, la proprietà vitivinicola venne acquisita da un antenato degli Abbona, una persona semplice e umile che, con determinazione, sacrifici e impegno, acquisì l’intera proprietà perché credeva in un sogno e lo perpetrò con costanza e dedizione fino in fondo.
ALLA SCOPERTA DELLE BOTTI STORICHE
Tra le cose più belle che si possono apprezzare in questa cantina, sono le antichissime botti in rovere ancora in uso (come dimostra la targhetta), un raro esempio di archeologia industriale in eccellente stato di conservazione.
Ma non solo, tra una sala e l’altra ci si imbatte spesso in alcuni scorci meravigliosi sulle lievi colline: le Langhe e una spettacolare vista sul castello di Barolo e la piazza che caratterizza l’immagine più conosciuta di questa realtà vitivinicola.
CURIOSITÀ…Castello di barolo
Durante la mattinata, in compagnia di Ernesto Abbona, emergono aneddoti e curiosità unici: come quando Gino Paoli riposò nella camera da letto padronale del marchese perché era troppo tardi per andare in albergo e ritornare la sera per uno spettacolo in paese.
Oppure quando pochi mesi fa, venne regalato a Papa Francesco una bottiglia di Marchesi di Barolo del 1936 per celebrare i suoi Ottant’anni. Sua santità rispose con una meravigliosa lettera (esposta oggi nel celler delle bottiglie storiche), con un pensiero che merita di essere letto sul posto, non replicato.
I VINI DI MARCHESI DI BAROLO
La visita della tenuta termina con una degustazione nell’eccentrica sala di accoglienza.
Perché eccentrica? Perché tutte le pareti sono completamente rivestite da firme e pensieri dei passanti, un modo per sentirsi parte integrante di un sogno e condividerlo…
ASSAGGIO DI 3 VINI:
Da “bricco” ovvero collina piemontese (in dialetto), Bric Amel è una vivace combinazione di Arneis, Chardonnay e Sauvignon. Vino giovane e allegro, ideale come antipasto, aperitivi e piatti a base di crudité di pesce.
Peiragal: un barbera in purezza. Il nome, curioso, deriva da un antico termine dialettale che identifica le colline di buona pendenza costituite da grandi formazioni di terreno calcareo argilloso compatto, con pietre di grandi dimensioni. Un vino armonico, dal gusto elegante e con tannini avvolgenti e morbidi.
Ed infine il Sarmassa: un nebbiolo in purezza, il vigneto per eccellenza. Il nome deriva anche qui dal terreno, esposto favorevolmente a sud-est. Il vino si presenta con un colore rosso granato deciso con profumi intensi di rosa, vaniglia, liquirizia, spezie e un gusto pieno ed elegante con un marcato tannino in evidenza.
SENSIBILITÀ
Prima di lasciare la cantina Marchesi di Barolo, Ernesto Abbona vuole concludere il nostro felice incontro con un pensiero di totale condivisione in cui memorie e storie di vita si intrecciano con l’identità del luogo, fatto di piccoli borghi di circa 600 persone che lavorano la terra e ad essa sono legati.
"Chi fa un prodotto connesso alla campagna appartiene al territorio. Noi viviamo dentro le vigne e siamo spinti da un patrimonio comune di sostenibilità, per noi, per chi ci visita, per il futuro dei nostri figli." Ernesto Abbona
La scelta della famiglia Abbona è chiara e nobile come il suo vino: Barolo sceglie di preservare la sua terra, prima della decisione dell’Unesco, spingendo sempre più la produzione verso il biologico a favore di una migliore qualità della vita a testimonianza di un nuovo approccio sociale e di rispetto per il territorio.
Lo spezzatino al Barolo è un classico secondo piatto della nostra cucina.
Carne di manzo prima fatta marinare e poi cotta con uno dei più nobili vini italiani.
Caratterizzato da un intenso sapore, è ideale da servire con la polenta per un gustoso pranzo della domenica in famiglia.
ESECUZIONE RICETTA | MEDIA |
PREPARAZIONE | 30 MIN |
COTTURA | 1H E 30 MIN |
MARINATURA | 4H |
RIPOSO | 30 MIN |
PORZIONI | 8 PORZIONI |
La ricetta dello spezzatino al barolo non è complessa e consente di preparare un grande piatto della cucina italiana. Realizzato con uno dei più nobili vini d'Italia, punta di diamante del ricchissimo panorama enologico piemontese, è un secondo di carne dal sapore caratteristico e pieno. È la pietanza perfetta da gustare accompagnato da Purè di patate o da Polenta con i quali si trasforma in un appagante piatto unico.
Fondamentale è, ovviamente, la marinatura con il vino e gli odori, che conferisce a questo stufato di manzo alla piemontese il profumo e il sapore così peculiari. Vi raccomandiamo di seguire l'accortezza indicata nel procedimento: fate rosolare separatamente il trito per il soffritto e la carne. Rispettare i due diversi tempi di cottura assicura il buon risultato finale.
Non solo spezzatino al vino rosso però: anche lo Spezzatino di maiale alla birra è una ricetta facile e gustosa. E asssolutamente da provare lo Spezzatino di pollo all'arrabbiata realizzato con vino bianco e lo Spezzatino ai sei profumi che sostituisce il vino con succo d'arancia e limone.
Ci sono luoghi che hanno un effetto magico su chi li abita, perché esprimono l’essenza e il valore di una passione. Uno di questi luoghi è la cantina di Ca’ del Bosco.
Perché la fusione tra arte del vino, natura e cultura creano un effetto magico: toccano l’anima e i sensi delle persone.
Per questo Maurizio Zanella ha voluto condividere queste emozioni, e aprire uno spazio fino a ieri riservato a tutti coloro che alla passione per il vino uniscono la predilezione per l’arte.
Visitare Ca’ del Bosco è immergersi in una sensazione di completa armonia e gioia intensa. La visione dell’incantevole natura si fonde con la provocazione intellettuale dell’arte: sculture sorprendenti collocate nel paesaggio, con i colori del bronzo, del marmo, dell’acciaio.
EROI DI LUCE, 1991 ( scultura in marmo bianco di Carrara 205x195x123 cm).
Eroi di luce è una testa recisa dal sogno con l’inserto di una testa velata come fresca mummia.
C’è la visione sincera e crudele dell’artista: “Non penso allo spettatore – dice Mitoraj – mi esprimo attraverso dei frammenti perché la parte invisibile è molto più importante”.
La statua rimane un frammento luminoso, isolato rispetto alla struttura della cantina.
Le fa da cornice il cielo che a volte sembra accendere il colore bianco del marmo e il profilo verde della collina di Ca’ del Bosco.
Igor Mitoraj è nato a Oederan. in Germania, da madre tedesca e padre ufficiale della Legione Straniera.
È sopravvissuto ai bombardamenti di Dresda nella fine dell’incubo del 1945.
È cresciuto a Cracovia dove il suo insegnate è stato Tadeusz Kantor.
Raggiunge Parigi, l’École Nationale Superieure des Beaux Arts, nel 1968.
Non appagato, si muove in Messico dove studia l’arte Azteca.
Viaggia poi tra Montmartre, Soho e la Grecia Classica dove le sue opere traggono l’ispirazione più evidente. Scompare nel 2014.
CANCELLO SOLARE, 1987 (scultura in bronzo ed anima in acciaio, diametro 5 m). Si tratta di una struttura circolare di 5 metri di diametro che si apre in due semicerchi di 25 quintali ciascuno.
La conclusione della progettazione è avvenuta nel 1987, mentre la realizzazione dell’opera è terminata nel 1993.
L’opera, posizionata all’ingresso di Ca’ del Bosco, è stata commissionata da Maurizio Zanella che ha incaricato Arnaldo Pomodoro di realizzare un cancello che rappresentasse un ingresso emblematico verso le vigne e l’intera proprietà.
Il cancello circolare, con punte rivolte verso l’alto simili a frecce, rappresenta e introduce alla consacrazione del rapporto tra vino e arte: un grande sole perché, come afferma lo stesso Zanella, “è il sole il vero nutrimento dell’uva che, proprio come il sole, con i suoi raggi riscalda e illumina i dolci colli di Ca’ del Bosco”.
ARNALDO POMODORO
Arnaldo Pomodoro nasce in provincia di Rimini e, dopo gli studi di architettura, esordisce come disegnatore, decoratore ed artigiano del metallo.
A Milano frequenta l’ambiente artistico dell’Accademia di Brera nel periodo degli anni ’50. Nel 1954 inizia ad esporre in Italia e all’estero.
Oggi sono numerose le sue opere presenti nelle piazze del mondo e l’artista è ormai considerato il più grande scultore contemporaneo italiano.
Famoso soprattutto per le sue particolari sfere di bronzo che si scompongono, si rompono, si aprono davanti allo spettatore rivelando la complessità dell’interno.
IL PESO DEL TEMPO SOSPESO, 2003 (vetroresina e cemento, 400cm).
Colpisce e lascia confusi la collocazione dell’opera all’entrata dell’area vinificazione della cantina.
Un rinoceronte a grandezza naturale sospeso al soffitto in un fiero gioco iperrealista.
L’animale è simbolo di vitalità ed energia e qui si trova imbragato e insaccato quasi a farci riflettere sul senso della natura morta ma che alla fine desta sorpresa e lascia un’immagine intensa e violenta.
STEFANO BOMBARDIERI
Stefano Bombardieri è bresciano e figlio d’arte.
Suo padre è scultore e con lui sperimenta agli inizi l’uso della tecnica artistica e dei materiali.
Ma l’espressività nasce nel parco dei divertimenti di Gardaland dove, giovanissimo, ha lavorato per costruire balene, rinoceronti, mostri marini, fantastici o preistorici.
Tutto quello che serve allo spettacolo del divertimento quotidiano.
Stefano Bombardieri è diventato un grande giocoliere dell’arte.
Ci trasmette meraviglia, ci fa stupire, ci diverte, ma allo stesso tempo ci porta a riflettere sulle cose apparentemente banali.
BLUE GUARDIANS, 2010 (plastica riciclata, 155 cm).
Nel 2009 Maurizio Zanella chiede al Cracking Art Group di cercare l’immagine di un animale che possa trovare la propria collocazione ideale nella tenuta di Erbusco, tra i vigneti e il bosco.
Nasce l’idea del lupo, di un lupo guardiano, in posizione attenta, ma benevola. Le linee del disegno tracciano i contorni di un lupo quasi ieratico, addolcito da un lieve sorriso beffardo.
Il bozzetto diventa forma plastica e nasce il Blue Guardian, in un blu volutamente “di rottura” con i colori di Ca’ del Bosco.
Cracking Art, corrente artistica che nasce nel 1993, riunisce un gruppo di sei artisti (Nucara, Veronese, Angi, Rizzetti, Kicco e Sweetlove) che si esprimono ciascuno in forme diverse, con forti linguaggi individuali.
Cracking significa “spaccatura, divisione”. Con il processo del cracking catalitico, la materia naturale più antica dell’universo, il petrolio, da elemento naturale si trasforma in elemento artificiale, diventando materiale plastico, riciclabile.
Cracking Art crea forme che simulano la natura, attraverso animali che trasmettono un “indistruttibile ottimismo”, come lo definisce il critico artistico Piero Adorno.
Con brindisi s'intende l'atto di alzare un bicchiere pieno di una bevanda (generalmente alcolica) e di bere alla salute di qualcuno[1]. Il gesto comprende il toccare o lo sfiorare i bicchieri dei commensali.
Il brindisi è diffuso in tutto il mondo; variano le esclamazioni accompagnatorie usate.
Etimologia
Brindisi deriva dallo spagnolo brindis, mutuato dal tedesco bring dir's, cioè “lo porto a te", intendendo il saluto, espressione trasmessa dai lanzichenecchi alle truppe spagnole[2].
Esclamazioni tipiche
Cin cin è l'esclamazione più comune in Italia all'atto del brindisi. Ha origini cinesi: deriva infatti da qǐng qǐng (请请; Wade-Giles: ch'ing ch'ing), che significa "prego, prego", promosso nell'uso anche per la somiglianza onomatopeica con il suono prodotto dal battere due bicchieri tra loro.
Usato tra i marinai di Canton come forma di saluto cordiale ma scherzoso, fu esportato nei porti europei.
Prosit è una parola latina significa "sia utile, faccia bene, giovi", o anche "sia a favore", terza persona singolare del congiuntivo presente del verbo latino prōsum, prodes, prōfui, prodesse ("giovare", "essere di vantaggio").
È utilizzata come esclamazione all'atto del brindisi. La parola è usata anche in campo liturgico al rientro in sagrestia, dopo la conclusione della Messa, dai ministranti verso il celebrante, il quale risponde con "Deo gratias vobis quoque".
Nell'antica Grecia si usava declamare discorsi o versi poetici durante il brindisi e l'usanza richiedeva che le parole fossero improvvisate.
Dal Seicento in poi, si diffuse il cosiddetto brindisi poetico e numerosi furono gli autori che se ne occuparono, da Gabriello Chiabrera a Giovanni Mario Crescimbeni, per non parlare del Brindisi funebre carducciano.
Origine
L'edizione del 1910 dell'Enciclopedia Britannica, in merito all'origine dell'usanza, dice: "L'usanza di bere ‘alla salute' dei vivi deriva molto probabilmente dall'antico rito religioso di bere in onore degli dèi e dei defunti.
Ai pasti i greci e i romani versavano libagioni agli dèi, e ai banchetti cerimoniali bevevano in onore degli dèi e dei defunti", aggiungendo: "Il bere alla salute dei vivi dev'essere stato strettamente collegato a queste usanze che in sostanza equivalevano a libagioni".
Un'opera più recente (1995) dice: "[Il brindisi] è probabilmente un vestigio religioso di antiche libagioni sacrificali in cui un liquido sacro veniva offerto agli dèi: sangue o vino in cambio di un desiderio, una preghiera riassunta con le parole 'lunga vita!' o 'alla salute'".
Curiosità
In giapponese chin chin può confondersi facilmente con la parola chinchin (hiragana: ちんちん; katakana: チンチン), che significa, tra le altre cose, "pene"specie nel linguaggio infantile); simile, con lo stesso significato, anche ochinchin (kanji: 御珍々)[7].
L'astringenza, componente della percezione sensoriale di alcuni cibi, lascia in bocca una sensazione di secchezza e di amaro il cui meccanismo non è stato ancora completamente decifrato.
Ricercatori dell’INRA e dell'Università di Borgogna hanno dimostrato che i tannini prodotti dalle piante agiscono a livello della mucosa che riveste le cellule epiteliali della bocca, causando la perdita del loro potere lubrificante e che le proteine salivari, ricche di prolina, svolgono un ruolo nella protezione della mucosa.
Questi risultati sono stati appena pubblicati sulla rivista Food Chemistry.
Utilizzando un modello in vitro della mucosa orale, con cellule epiteliali ricoperte da uno strato di proteine salivari fissato alla superficie (pellicola della mucosa), il gruppo di ricerca ha osservato che l'aggiunta di tannini modello - epigallocatechina, EgC e galato di epigallocatechina, EgCG - sulla superficie del film della mucosa, provoca una modifica della sua struttura.
MUC5B, proteine che si aggregano ai tannini
Quando la concentrazione di tannino aggiunto è di 0,5 mM e 1 mM, si formano aggregati, osservabili mediante microscopia elettronica a scansione, tra i tannini e le proteine salivari della pellicola della mucosa, cioè MUC5B, e contemporaneamente si altera la rete di proteine salivari. Quando la dimensione di questi aggregati cresce, con l’aumento della concentrazione di tannino, questo fenomeno è più pronunciato con EGCG rispetto a CGD, a causa della presenza di un gruppo galloyl che potrebbe rappresentare un ulteriore sito di interazione con le proteine salivari. Inoltre, la presenza di EGCG (1 mM e 3 mM) provoca un aumento delle forze di attrito sulla superficie delle cellule epiteliali.
Quando la concentrazione di tannino è inferiore alla soglia di percezione dell’astringenza dei tannini (0,05 mm), la distribuzione di proteine salivari nella superficie mucosa orale modello rimane inalterata.
PRP, proteine salivari che proteggono dagli effetti dei tannini
Il gruppo di ricerca ha anche studiato il ruolo delle proteine salivari ricche di prolina (PRP), la cui presenza nella saliva dei mammiferi è legata al consumo di tannini.
E’ stato dimostrato che la presenza di queste proteine riduce significativamente i cambiamenti strutturali che si verificano nel film di mucosa in presenza di tannini. I PRP salivari svolgono quindi un ruolo protettore della mucosa orale.
Questo studio consente una migliore comprensione dei meccanismi responsabili della sensazione di astringenza.
I tannini agiscono direttamente sulla pellicola di mucosa che ricopre le cellule epiteliali orali causando la perdita della sua capacità lubrificante e portando ad un aumento delle forze di attrito sulla superficie della mucosa orale.
Questo fenomeno interviene nella sensazione di secchezza e ruvidità orale tipica dell'astringenza.
Le proteine ricche di prolina della saliva hanno quindi un effetto protettivo contro l'alterazione strutturale indotta dai tannini quando sono catturati (prima di attraversare il sistema digestivo).
L'insieme di meccanismi contribuisce alla percezione della sensazione di astringenza che, tuttavia, varia tra un individuo ed altro, in particolare a seconda della concentrazione di proteine ricche di prolina presenti nella saliva.
Articolo di riferimento:
Sarah Ployon, Martine Morzel, Christine Belloir, Aline Bonnotte, Eric Bourillot, Loïc Briand, Eric Lesniewska, Jeannine Lherminier, Ece Aybeke, Francis Canon; Mechanisms of astringency: Structural alteration of the oral mucosal pellicle by dietary tannins and protective effect ofbPRPs; Food Chemistry. 253: 79. Available on line 3 february 2018. https://doi.org/10.1016/j.foodchem.2018.01.14